Nel dicembre 1911 nasce in un piccolo paesino della Valle d’Aosta, Pont St. Martin, Ernesto Manzini.
Durante la seconda guerra mondiale è in Africa per conto del controspionaggio italiano e vi trascorre l’intero periodo legato al conflitto. Conosce la prigionia, ma soprattutto ha modo di cominciare a tessere le maglie di quella rete che, nei primi anni cinquanta, lo porterà a fondare a Torino la Ernesto Manzini Investigazioni.
Con dedizione e capacità, Ernesto Manzini riesce, in breve tempo, a far crescere l’agenzia fino a farla diventare un saldo punto di riferimento nel settore investigativo, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale.
Entra in contatto con personaggi illustri come il Re Juan Carlos di Spagna e il Generalissimo Franco. Siamo negli anni ’70 ed è il momento della sua nomina a presidente della W.A.D., la più importante associazione mondiale di detectives, dove ricopre questo ruolo per due anni consecutivi nel 1971 e nel 1972.
Grazie al rapporto che lo lega a David Almog, suo caro amico, ha modo di avvicinarsi ai servizi segreti israeliani e approfondire tecniche e metodologie su cui impostare la gestione e l’organizzazione dei suoi servizi di sicurezza.
Scomparso in tempi recenti, Ernesto Manzini lascia tutta la sua esperienza ai figli prima, e al nipote poi. È Marco, il nipote preferito, nato e cresciuto masticando tutti i giorni la quintessenza delle investigazioni, membro egli stesso della W.A.D. e della Federpol, a prendere in mano ora il testimone, forte di una tradizione arrivata alla terza generazione.
Nasce così nel 2002 la Marco Manzini Investigazioni, legata al passato, ma proiettata verso il futuro. Naturale evoluzione di questo percorso, si trasforma oggi nella Marco Manzini Consulting, società esperta in consulenze specifiche in questo settore.
“È con un certo orgoglio che parlo della mia tradizione di famiglia, anche se un velo di disagio di tanto in tanto mi coglie: in tempi come gli attuali, in cui alcuni superlativi si sprecano anche per l’esaltazione di cose assolutamente banali, incontro una certa difficoltà ad usare termini come tradizione, strumenti profondamente innovativi, tecniche d’avanguardia e impegno, pur essendo perfettamente consapevole di avere tutti i requisiti per poterlo fare.
Per questo motivo lascio che la nostra esperienza e capacità si manifesti attraverso il nostro lavoro, con sobrietà e senza incertezza”.
Marco Manzini